La discussione ideologica scatenatasi in Europa sul “bisogno” di pace in Ucraina è il segno tangibile di alcuni fatti che, come fenomeni carsici, appaiono nei momenti di crisi del modello di sviluppo occidentale.
Primo elemento di crisi: l’irrilevanza nello scenario mondiale dell’Europa come entità attrattiva, politicamente all’avanguardia e innovatrice.
Pensiamo di essere ancora l’ombelico del mondo.
Ma non è più così.
Da anni, da decenni.
Il mondo è, ormai da trenta anni, spostato sullo scenario del Pacifico e del Sud Est Asiatico.
Secondo elemento: lo sviluppo, l’ambiente e il verde sono “valori” occidentali imposti agli altri popoli e paesi esattamente come la democrazia in Afghanistan (ricordate???).
La Cina, l’India il Brasile, la Russia hanno costituito il BRIC anni fa.
Facciamo le battaglie contro l’OGM, l’olio di palma etc etc però i biscottini della famigliola di campagna ce li facciamo fuori a quattro palmenti ogni mattina.
Pretendiamo che gli altri si uniformino ai nostri “canoni”, canoni occidentali.
La nostra industria tessile inquina i fiumi del sud est asiatico come se piovesse a marzo, però ci destreggiamo tra i diritti dei lavoratori, la tossicità dei prodotti a casa, nostra mentre milioni di minori ci cuciono le scarpe da ginnastica da 200 Euro o ci imbastiscono il jeans ultimo modello sulle rive del Gange.
E non contenti elucubriamo dai nostri comodi scranni ammantati dai social sui “diritti umani”, altra invenzione occidentale.
Ora se un paese, emergente dalla merda che abbiamo prodotto, si affaccia sulla scena mondiale lo si guarda con sospetto da parte del nostro club esclusivo di “stronzi” occidentali.
E ci scandalizziamo se frotte di poveracci, in cerca di pace, di futuro, di una vita degna di essere minimamente vissuta, si affaccia sulle rive del “nostro” mare per tentare una sorte migliore solo per il fatto di non vivere dove, per sfortuna, gli è toccato di nascere.
E in più abbiamo il politico di turno che si cambia maglietta a ogni cambio di scenario.
Ci inventiamo allora la ricollocazione tra i paesi del club, una moderna e più “decente” deportazione di persone umane da un posto all’altro.
Terzo elemento: la sete del potere chiama altra sete di potere.
La guerra in Ucraina è una guerra di carattere interno al sistema di potere di Putin, una logica conseguenza di un modus costruendi di una classe dirigente che è tenuta insieme da denaro (gli oligarchi), prestigio e privilegio (le alte sfere dell’esercito).
Lo spazio per queste elite è quasi esaurito.
La soluzione è stata, ma non da oggi, il rivangare la vecchia ma sempre retorica della Grande Madre Russia.
Con questa idea, a cui sono molto sensibili le fasce meno giovani, acculturate e ultracinquantenni russe, si è dato il via all’operazione speciale (la guerra contro l’Ucraina9.
Contando su due fattori: che appena messo piede in Ucraina l’esercito russo sarebbe stato accolto come trionfatore e che la Cina (non l’Occidente) si fosse girato dall’altra parte.
Nessuna delle due eventualità è accaduta.
La posizione della Russia, comunque vada la Guerra., sarà di estrema debolezza in Europa ma ancora di più nello scenario del Sud Est Asiatico, dove Cina, India, Pakistan, Giappone sono le potenze che osservano e osservano e osservano la situazione.
La Russia potrebbe, temporaneamente, rivolgere le sue attenzioni ad Ovest (Ucraina ma anche Siria e come alleggerimento Libia-Egitto…) ma la sua forza/debolezza di avere due ampi fronti di interesse la pone sempre di fronte a scelte delicate.
La centralità di questo settore del mondo nel futuro (Sud Est Asiatico) impone e imporrà a tutti un cambio di visione.
Qui abbiamo potenze nucleari (Cina, India, Pakistan, Corea del Nord…), potenze economiche (Cina, India, Giappone…), potenze attrattive (Singapore, ….) che fanno e faranno la differenza.
E dato che siamo in ritardo si deve decidere cosa vogliamo fare e diventare.
Intanto la logica della “pace” deve cessare di essere la bandiera ipocrita di azioni inutili, politicamente irrilevanti, umanamente palliative.
Se si vuole dare concreta attuazione ai “diritti umani” lo si faccia radicalmente, in ogni contesto, in ogni paese con le armi del diritto, delle norme e del riconoscimento internazionale.
Le manifestazioni dell’opinione pubblica in giro per i paesi occidentali non spostano un centimetro dell’idea di diritti umani fuori dall’Unione Europea.
Ce la stiamo, come al solito, cantando e suonando da soli.
Gli altri (che sono miliardi di persone) ci guardano come si guardano gli animali allo zoo: noi occidentali siamo fuori dal mondo che conta.
E non lo abbiamo ancora capito.
Per questo, anche per questo, Putin ha organizzato e messo in opera la guerra contro l’Ucraina.
Anche per questo sono molto preoccupato di quello che la Russia potrebbe fare in Europa e contro l’Europa.
E per una volta che gli Stati Uniti non hanno fatto una guerra che si fa?
Si scarica sugli Stati Uniti e sulla NATO la responsabilità!!!
Ci stiamo massacrando di parole sugli aiuti, sulle armi si armi no all’Ucraina.
Sinceramente non solo non mi interessa ma ritengo la domanda sbagliata e fortemente ipocrita.
Primo: le armi all’Ucraina sono date da tempo.
Secondo: l’Italia ripudia la guerra etc etc ma le fabbriche italiane sono tra le migliori e le più gettonate per commesse e altro.
Terzo: La comodità di scrivere comodamente da casa o da un parco con la connessione libera wifi me la posso permettere perché qualcuno è andato in un paese africano, dove hanno il reddito annuo di 1 dollaro pro-capite, a estrarre terre rare per i componenti del mio iPhone, smartphone, pc portatile e sistema integrato di intelligenza artificiale che mi avvisa quando l’umidità sale di percentuale x o mi si dice che tempo farà nei prossimi 5 minuti. E al parco ci vado senza inquinare perché ho l’ultimo modello di bici con pedalata assistita che appena vede la mia caviglia produce da sola forza motore per affrontare la salita con lo 0, di pendenza (mi dovessi stancare troppo…). E dopo passo al bar appena aperto che vede prodotti della natura a km zero (che però si sono bevuti ettolitri di acqua per produrre un ortaggio da centrifugare che fa cagare come pochi…).
E poi con gli amici vado alla manifestazione della pace, bardato di bandiera coloratissima prodotta sulle rive di uno sconosciuto fiume del Bangladesh, del Vietnam o della Cambogia dove i prodotti chimici sversati negli stessi hanno prodotto più inquinamento negli ultimi 20 anni che in tutta la rivoluzione industriale dove l’uso del carbone fossile è roba per educande a paragone.
E poi e poi e poi.
E allora di che cazzo di pace stiamo parlando?
La nostra ipocrita idea occidentale di pace?
Questa roba qui?
Non siamo credibili agli occhi del mondo.
Non lo siamo più.
E abbiamo smesso di esserlo alla prima crisi umanitaria.
Il nostro tesoro era, e resta, la elaborazione culturale, giuridica, umana, drammaticamente umana la Dichiarazione dei diritti umani legata agli eventi della Seconda guerra mondiale e ai documenti, che andrebbero ripresi, del Processo di Norimberga.
Gli altri ci guardano oggi solo per le condizioni di vita (magari esagero).
Non anche e prioritariamente per le opportunità di essere uomini e donne con pari diritti e dignità.
La pace, fatta oggi, proposta oggi, non sarà altro che un intervallo intercorrente e labile tra una aggressione ed un’altra.
Questa pace qua tenetevela stretta.
Io non la voglio e non la cerco perché fondata su valori “economici” di convenienza, di opportunismo, di interesse.
La pace è il prodotto di azioni di giustizia, che derivano da una cultura di relazioni tra diversi, che pone gli interessi di tutti su un piano per astrarli al fine di far emergere il diritto fondante le relazioni tra paesi, tra stati, entità e tra persone: il diritto umano.
Lì, allora, in quell’astrazione giuridica, in quel campo ancora oggi poco esplorato, in quella azione di “pace” nella giustizia potremo trovare le parole giuste, le misure adeguate, le soluzioni opportune per tutti, nessuno escluso.
Su questo siamo come Occidente avanti a tutti perché il diritto lo abbiamo “codificato”, inventato, elaborato noi.
È una responsabilità che se non agiamo qui, ora e per il futuro non potremo che assistere impotenti alle sorti dei diversi paesi a seconda delle politiche internazionali.
Dobbiamo scegliere se continuare a stare chiusi nello zoo o se vogliamo assumerci la responsabilità della costruzione di ordinamenti fondati sulla giustizia e quindi sulla pace.