Inizialmente avevo pensato ad un Comunicato stampa.
Ma con l’aria che tira non è detto che le redazioni inviino quanto sto per scrivere.
Allora, visto che esiste il web e che gli usi fortunatamente sono anche utili, ho optato per una sorta di lettera aperta alle istituzioni sanitarie, ai cittadini e alla “responsabilità” di ogni persona dotata di intelligenza.
Che già questo limita.
Avevo pensato a questo attacco.
“Necessario, urgente e immediato intervento delle autorità per gestire la situazione dei pazienti Covid e non Covid negli ospedali laziali. La pandemia non è finita ma non si può scaricare sui Pronto Soccorso la presa in carico dei pazienti tutti”.
Queste le dichiarazioni di Elio Rosati, segretario regionale di Cittadinanzattiva Lazio di fronte alle notizie di oggettive difficoltà del personale dei Pronto Soccorso del Lazio che operano da tempo sotto organico e senza un adeguato filtro dal territorio.
“Abbiamo sempre operato con estrema prudenza in questi mesi difficili per tutti, ha proseguito Rosati, cercando comunque di indirizzare, sostenere, individuare soluzioni percorribili su diversi fronti. E abbiamo riconosciuto alla struttura dell’Assessorato alla Salute la massima attenzione a quanto in questo lungo periodo segnalavamo. Oggi appare però evidente la necessità di rompere gli indugi per quanto attiene l’accesso alle strutture ospedaliere del Lazio. In primis i nostri Pronto Soccorso che sono oggettivamente in estrema difficoltà. Personale ridotto. Personale che viene diviso tra Covid e Non Covid quindi con ulteriore riduzione e conseguenti problemi per i cittadini che accedono al PS.
E chi, fortunatamente non ha il Covid ma ha altre urgenze e patologie, vede allungarsi tempi di ricovero, di cura e di recupero. Abbiamo necessità di avere dotazioni di posti letto e organico dedicati solo al Covid isolati dal resto delle attività sanitarie.
Cosa che si sarebbe potuta organizzare mesi fa creando strutture per area vasta solo Covid coinvolgendo le amministrazioni locali e le organizzazioni civiche. Tutto questo non c’è stato. E oggi abbiamo strutture ospedaliere a mezzo con il percorso Covid e i rischi di interferenza sono concentrati principalmente nel PS.
Il Lazio, e lo abbiamo sempre sottolineato, è sicuramente tra le Regioni che meglio ha organizzato la campagna vaccinale.
Ma dal punto di vista della attuale situazione, oggettivamente complessa, siamo ormai in attesa dell’onda d’urto che tutti, sottolineo tutti, avevamo modo di sapere quando sarebbe arrivata. Non se. Perché quello si sapeva. E su quel punto che si dovevano organizzare i prossimi mesi.
Che colpirà i nostri ospedali ma anche la ripresa delle varie attività a partire dalla scuola.
Chiediamo alla Regione Lazio, all’Assessore D’Amato di fare in modo di dotare con estrema urgenza di personale anche specializzando che possa prendere in carico i casi meno complessi e sollevare da questi casi il personale del PS che andrebbe a dedicarsi a casi più gravi.
Così come all’interno dei Pronto Soccorso i pazienti in attesa di ricovero (posto letto) vengano presi in carico dal personale del reparto di destinazione e non gestiti come è ora dal personale del Pronto Soccorso.
Queste due soluzioni tampone possono solo alleviare, e non sappiamo di quanto, il lavoro che si fa nel PS.
Una terza ipotesi potrebbe essere, ma non so quantificare l’impatto, che il personale medico dell’esercito venga destinato in pianta stabile nelle strutture ospedaliere pubbliche.
So che ci sarebbero passaggi ministeriali vari.
Ma in tempi di emergenza sanitaria questi tempi, se si vuole, si azzerano.
Altre soluzioni strutturali dovranno essere urgentemente prese in carico non solo nel Lazio ma in tutto il paese.
L’altra richiesta è legata a dedicare un numero congruo di posti letto per il Non Covid di cui vorremmo conoscere l’attuale dotazione.
Questa scelta, nella attuale situazione, garantirebbe la continuità del servizio pure in periodo pandemico.
E sarebbe una buona risposta a esigenze di salute che sono, ognuna per la sua specificità, degne di essere accolte come le altre.
Infine, una nota generale sulle scelte legate alla gestione del Covid.
Le scene delle file per fare i tamponi nelle farmacie o nei drive in credo siano l’emblema di una ambiguità di fondo mai sciolta per non inimicarsi “l’elettore medio”.
I tamponi, per alcuni versi e percorsi, rappresentano la “scappatoia” legale per chi non vuole vaccinarsi.
Inutile girarsi intorno.
Ora da vaccinato, da persona che crede nella scienza chiedo: l’obbligo vaccinale esiste già.
Perché stiamo ancora aspettando di introdurlo anche per il Covid?
So già la risposta legata a interessi di bottega verso un punto percentuale in più o in meno nelle preferenze dei sondaggi elettorali. Solo che queste indecisioni/scelte le pagano in tanti.
Dati scientifici che stanno arrivando testimoniano come i vaccini diminuiscano l’impatto della patologia e quindi l’impatto socio economico, l’impatto relazionale e di carichi del lavoro.
Mentre chi non si vaccina mette a rischio la propria vita e quella di chi è fragile sovraccaricando un sistema che è ormai ai limiti del collasso.
Altra scena.
La gazzarra andata in scena all’Assemblea dell’Ordine dei Medici di Roma qualche giorno fa è avvilente, triste e deontologicamente mi aspetto provvedimenti adeguati.
E i numeri ancora incerti di quanti medici non siano vaccinati e nonostante ciò continuino a stare a contatto con il pubblico mi lascia esterrefatto.
Qui sarà il caso che chi deve faccia.
Perché il livello di gravità è assoluta.
E avere ancora atteggiamenti di attesa sarebbe oggettivamente insostenibile.
Di fronte ad una pandemia le garanzie che tutti noi abbiamo si sospendono per un bene superiore: la vita.
E si sospendono con percorsi legislativi chiari, trasparenti e determinati dall’andamento della pandemia.
Quello che in questi due anni alcune categorie hanno dovuto sopportare più e peggio delle altre è ormai insostenibile.
Da tutti i punti di vista.
Sto difendendo in questo momento non solo le persone che lavorano nel Pronto Soccorso ma, forse esagero, il servizio pubblico.
Perché il PS esiste solo negli ospedali pubblici.
E stiamo rischiando di chiudere i nostri PS.
L’ultima ondata potrebbe essere veramente devastante per queste persone, per questi professionisti, per queste donne e uomini se ora non si danno loro risorse, attenzione e cura.
Il tempo, quando è scoppiato la pandemia, era il vero nemico con il quale fare i conti.
Dovevamo acquistare tempo.
I vaccini servono anche a questo.
A tutte queste difficoltà si aggiunge la situazione della medicina territoriale/di base.
Andranno in pensione altri medici di base.
E dal 1 gennaio nel Lazio molti cittadini resteranno senza assistenza di base.
Ci si organizzerà in qualche modo.
Ma i dati di anzianità dei nostri medici di base raccontano di un altro scenario.
4 anni fa sui circa 4.400 medici del Lazio ve ne erano 16 (sedici) tra i 29 e i 44. E ve ne erano oltre il 70% tra 60 e 70 anni.
Andranno in pensione circa 400 medici.
Fatevi due conti di quanti cittadini parliamo se mediamente questi 400 medici pensionanti sono massimalisti, cioè con più assistiti possibili (1.500).
Anche tenendoci bassi parliamo di migliaia di cittadini.
E mi fermo qui, che la lista è lunga come una delle nostre liste di attesa.
Riassumendo: la Regione Lazio trovi, utilizzando i tre suggerimenti di cui sopra o anche altri che tutto va bene, personale sanitario da destinare di corsa ai Pronto Soccorso;
che i pazienti in attesa di posto letto stazionanti nei Pronto Soccorso vengano presi in carico e seguiti già dal personale del reparto di destinazione e non da quello di PS;
che si aprano un numero congruo di posti letto non Covid (3permille potrebbe andare…) per gestire le patologie di altra natura.
Natale è passato e questa lettera fuori tempo massimo può essere un punto dal quale tutti ripartire.
una importante fotografia che rispecchia nella sua gravità tantissime esperienze, una a me molto vicina, presso il PS del san Camillo.
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